Una gemma del cinema indy americano, che il regista Michael Burke ha tratto da un suo precedente cortometraggio (Fishbelly White), sull'impossibilità di essere gay nella provincia rurale americana. Un affresco intimista e struggente di un adolescente, Duncan Mudge (Emile Hirsch, strepitoso), che vive nella provincia rurale del Vermont e deve affrontare un mondo ostile che non riesce a comprenderlo. La sua sensibilità, scambiata dai rozzi paesani per stranezza, poteva condividerla solo con la madre, che gli aveva insegnato ad amare anche le galline, che avevano tutte un nome ed una tomba nel cortile di casa, perchè non si poteva mangiarle dopo che per tutta la loro vita ti avevano regalato le uova. Dopo la morte improvvisa della madre per infarto, il giovane Duncan si rifugia nell'unico affetto che il mondo riesce ad offrirgli: la gallina preferita dalla madre, perchè era l'unica bianca, che lo segue ovunque, anche quando si sposta in bicicletta. Col padre, anch'esso sconvolto per la perdita della moglie, non c'è dialogo, e i ragazzi del paese non fanno altro altro che prenderlo in giro e chiamarlo finocchio, tranne uno, Perry (Tom Guiry), che abita nella fattoria accanto e risponderà, a modo suo, alle aspettative di Duncan. Eppure Duncan chiede solo un po' d'affetto, qualcuno da poter toccare, magari baciare. Qualcuno che lo aiuti a crescere anche dentro, nei suoi sentimenti, nella sua natura. Il prezzo che Duncan dovrà pagare per sopravvivere sarà altissimo... una società che non accetta la diversità può insegnarti solo la violenza. Un film originale, delicato e intenso, con paesaggi suggestivi e pochissimo dialogo, con scene e situazioni che ci portano a scoprire l'essenza delle persone e degli eventi senza essere didascalico o lacrimoso. Merito anche delle ottime interpretazioni tra le quali spicca quella del giovanissimo Emile Hirsc (Into the wild).
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