"Un giovane uomo visto da dietro, seduto a un tavolo, disegna davanti a una finestra aperta. Siamo nel 1957. Ad appena 21 anni, Yves Saint Laurent è stato assunto da Christian Dior, avviando così una brillante carriera che lo consacrerà come figura mitica dell'alta moda mondiale, ma la sua ipersensibilità ("questo mi angoscia terribilmente") preannuncia gli abissi depressivi che accompagneranno tutta la sua vita. Realizzando con Yves Saint Laurent [+] il biopic del celebre stilista attraverso un libero adattamento di un'opera di Laurence Benaïm, il regista Jalil Lespert (che ha co-firmato la sceneggiatura con Marie-Pierre Huster e Jacques Fieschi) rischiava di cadere nell'agiografia, tanto più che il suo film aveva ricevuto il sostegno ufficiale di Pierre Bergé, fedele compagno di vita e di lavoro di Yves Saint Laurent. Scegliendo la relazione amorosa che univa i due uomini come filo conduttore di una trama che copre due decenni, il regista aggira l'ostacolo con relativa abilità, intrecciando le avventure professionali del duo (ricerca d'indipendenza e creazione del proprio marchio, grandi collezioni e retroscena della moda con il suo corteo di appassionati, ecc.) e gli episodi della loro vita di coppia. Ma il film non riesce ad affrancarsi completamente da un certo conformismo elogiativo, offrendo un gradevole racconto romanzesco senza grandi asperità, dove le falle dell'artista (presto diagnosticato come maniaco-depressivo e poi sprofondato nella droga) sono trattate nel racconto in modo superficiale, senza una vera profondità psicologica, a dispetto della grande qualità interpretativa dell'attore protagonista. In effetti, al di là della perfetta ricostruzione degli anni '60 e '70 e delle collezioni Yves Saint Laurent, il lungometraggio offre soprattutto ai suoi interpreti principali un'occasione per svelare nuovi aspetti del loro talento in piena evoluzione. A 24 anni, Pierre Niney indossa come una seconda pelle la personalità lunare di Yves Saint Laurent, realizzando un vero tour de force mimetico, sebbene la sua giovinezza gli impedisca forse di scavare più a fondo il disagio interiore dell'artista in età matura. Dal canto suo, Guillaume Gallienne, dopo la sua performance di attore e regista in "Tutto sua madre", supera se stesso e sorprende nel ruolo più monolitico di Pierre Bergé. Dinanzi ai due giovani prodigi della Comédie Française, il resto del cast (a eccezione di Charlotte Le Bon) fatica a emergere, giacché la sceneggiatura lascia poco spazio ai personaggi secondari, il che accentua l'impressione generale di una successione di scene più o meno riuscite, un assemblaggio cinematografico che tende paradossalmente più al prêt-à-porter (una produzione calibrata) che alla haute couture (un capolavoro della settima arte), senza tuttavia perdere il sapore di un destino altamente romanzesco".
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